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Giacomo Ferri

Tutto quello che c’è da sapere sul DDL Zan

Aggiornamento: 10 giu 2021


Si sta parlando tanto e da diversi angoli politici del DDL Zan, il disegno di legge presentato dal deputato del Partito Democratico Alessandro Zan (da cui il nome) per punire chi commette discriminazioni o violenze “per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”. Il virgolettato è ripreso pari pari dal testo presentato al Senato alcuni mesi fa.



La novità del DDL Zan non sta nel punire la discriminazione o la violenza, quanto nell’introdurre l’aggravante della motivazione, nel caso in cui quella discriminazione o quella violenza siano motivate da odio o intolleranza nei confronti delle categorie protette dal decreto, ovvero le donne, le persone appartenenti alla comunità LGBT+ e le persone disabili.


Non si tratta di una nuova legge, né di una legge che viene cancellata per fare il posto a questa e non ha nulla a che vedere con possibili modifiche della Costituzione (che non viene nemmeno sfiorata dal DDL). Si tratta essenzialmente di aggiungere poche parole - il virgolettato di cui sopra - a un articolo già esistente del Codice penale italiano (articolo 604) e a una legge (a sua volta già esistente) emanata nell’aprile del 1993, la cosiddetta “legge Mancino”, che punisce chi commette discriminazioni o violenze per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.


Qualcuno dice: che ce ne facciamo del DDL Zan se c’è già una legge che punisce discriminazioni e violenze? Il DDL Zan integra la legge Mancino, aggiungendo ai motivi razziali, etnici, religiosi e nazionali, quelli legati al sesso, all’orientamento sessuale, etc. Insomma, lo spettro delle aggravanti che possono inasprire una condanna per discriminazione o violenza si allarga, tutelando così un maggior numero di persone.


Qualcuno dice: il DDL Zan mina la libertà di opinione tutelata dall’articolo 21 della Costituzione, perché quando il decreto entrerà in vigore non sarà più possibile esprimersi in maniera contraria in merito al matrimonio tra persone dello stesso sesso o al processo di adozione per le coppie omosessuali.


Questa idea è frutto di una lettura parziale, e probabilmente faziosa, del DDL Zan, che all’articolo 4 infatti sostiene che “ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Insomma, chi è contrario al matrimonio omosessuale può continuare a sostenere la propria opinione liberamente, a patto che non istighi alla discriminazione o alla violenza.


Qualcuno dice: con l’approvazione del decreto porteranno l’ideologia gender nelle scuole e vestiranno mio figlio con abiti da ragazza per spiegargli che cosa sia l’omosessualità (sic). Il problema qui sta tutto nella comprensione del testo, dato che il DDL Zan non accenna minimamente a una cosa del genere.


Semplicemente, sostiene la nascita di una “giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione”. Nemmeno un’allusione a cambi d’abito e travestimenti. Del resto, per sostenere il WWF non bisogna necessariamente essere un panda.


Dunque, l’omofobia esiste. Ma perché includere anche misoginia e abilismo tra le forme di violenza e di discriminazione punite dal decreto? Ancora una volta, la risposta sta nei dati. Una donna su tre ha subito nel corso della propria vita un qualche tipo di violenza fisica o sessuale. Figurarsi se nel computo si fosse tenuto conto anche della violenza psicologica: la percentuale salirebbe nettamente.


Dell’abilismo invece si parla ancora troppo poco. Eppure non si tratta di un fenomeno raro e isolato, purtroppo. Basta sfogliare i giornali in questi giorni: a Roma una ragazza disabile è stata picchiata da quattro minorenni, in provincia di Palermo una baby gang di quattordicenni si è resa colpevole di torture nei confronti di persone disabili e anziane. Insomma, il DDL Zan contribuirebbe a rivolgere i riflettori su discriminazioni che esistono, ma di cui non si tiene sufficientemente conto, soprattutto in sede penale.


È difficile trovare motivi validi per opporsi a questo decreto. Tutti gli eventuali “ma” e “se” sono frutto di tendenziosità e chi contrasta il DDL Zan lo fa per calcolo politico o ideologico. E fare calcoli politici o ideologici sulla pelle di altre persone e a scapito del loro benessere fisico e psicologico è francamente irricevibile.

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