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Francesco Baldessari

Tokyo, la città che visse due volte (PT1)

Tokyo è una città stupefacente per molti motivi, ma la cosa che la rende unica è che, nella sua brevissima vita, ha vissuto due volte. Una volta si chiamava Edo, una città tutta in legno con altissimi ponti arcuati, luminosi canali e un minaccioso castello visibile da qualsiasi punto della metropoli. La concepì e realizzò un guerriero di nome Tokugawa Ieyasu, un personaggio visto nel suo paese come la duplicità in persona.

Negli innumerevoli drammi televisivi in cui compare, Ieyasu è sempre un individuo viscido e calcolatore, caratteristiche che sicuramente possedeva. Fu lui a tradire Toyotomi Hideyoshi, suo benefattore, causando la morte anche del figlio, del nipote e quindi del clan di lui. Edo è ora Tokyo, una città del tutto diversa.


Al di là delle differenze più ovvie, le due città sono agli estremi opposti in un senso molto importante. Mentre la seconda è il risultato di un secolo e mezzo di improvvisazioni e decisioni prese troppo in fretta, Edo era progettata a tavolino, fino nei più piccoli particolari, per essere la capitale del paese e fare del Giappone una proprietà privata di una famiglia, quella di Tokugawa Ieyasu.


Furono i Tokugawa a porre le basi del Giappone moderno, a dar forma alla cultura di questo paese. Il periodo Edo, quello in cui Edo era la capitale, fu uno dei più lunghi periodi di pace che l'umanità abbia conosciuto. 265 anni ininterrotti di relativa tranquillità, due secoli e mezzo che produssero haiku, kabuki, noh, origami e ukiyoe.


La storia comincia alla fine di una battaglia. Dopo una giornata di furibondi scontri, la sera del 21 ottobre 1600 i vittoriosi guerrieri di Ieyasu si stavano preparando a una notte all’addiaccio. Avranno quasi certamente dormito una sonno poi profondo, perché sapevano di aver finalmente posto fine a un secolo e mezzo di guerra ininterrotta. Il Giappone era interamente nel mani di un solo uomo, Ieyasu. Stando alla leggenda, il loro capo invece in quel momento si stava mettendo l’elmo. Voleva così indicare a chi lo circondava che sapeva che, se la guerra fra le centinaia di stati in cui l’arcipelago era diviso era finita, la SUA battaglia era appena iniziata. Per far durare la pace conquistata quel giorno doveva non solo ricostruire un paese devastato da 150 anni di violenza, ma anche trasformarlo in qualcosa di nuovo. Andare avanti come sinora fatto non era possibile.


Ma eliminare le centinaia di clan del paese, mutuamente ostili come erano, era al di là delle sue capacità e probabilmente della sua immaginazione. La vita senza clan era impensabile. Memore dei secoli di continuo spargimento di sangue che erano appena finiti, Ieyasu si limitò ad assicurarsi la propria supremazia e a tentare di fermare il tempo. Nel corso dei successivi trent’anni, lo shogunato si consolidò e divenne una oppressiva dittatura dove traslocare era impossibile, fare un viaggio era impossibile, andare all’estero era impossibile, cambiare religione era impossibile, cambiare classe sociale era impossibile, cambiare lavoro era impossibile, leggere quello che volevi, portare armi, scegliersi da soli gli abiti, perfino sposarsi ed avere un cognome era per i più impossibile. In compenso, tutto quello che non era proibito era obbligatorio.


Quella di Ieyasu fu una rivoluzione reazionaria, uno strano tentativo di fermare il tempo e al tempo stesso di cambiare completamente il carattere dei giapponesi.


Francesco Baldessari è nato in provincia di Venezia, ma vive in Giappone dal 1980. L'anno scorso ha pubblicato il suo secondo libro, un libro di fotografie chiamato Animismo, Spiriti e Magia in tre lingue per La LiberFaber. Sta terminando una grammatica di Giapponese colloquiale ed una storia di Tokyo illustrata con Ukiyoe.

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