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Diego Gasperotti

Movida a Trento. Che fare?

Con l'arrivo dell'estate si ripropone l’annoso problema della convivenza tra i residenti del centro e coloro che cercano occasioni di socialità notturna. Delle proposte cominciano a farsi strada e il Comune chiede uno sforzo a tutti, tentando una mediazione.

A fine aprile il Comitato antidegrado di Trento ha presentato al Comune la sua proposta per arginare il problema degli schiamazzi notturni. In sostanza, il Comitato chiede che i locali del centro chiudano alle 22, con la possibilità di aprire sino alle 23 solamente il sabato, il venerdì e durante i prefestivi.


Il sindaco Franco Ianeselli ha definito la proposta “impraticabile”. Anche i rappresentanti degli esercenti e degli studenti universitari hanno espresso la loro contrarietà.


La città di Trento, si concorda da più parti, non offre molte opportunità di svago ai suoi studenti. Le attività serali sono limitate, e questo favorisce grossi assembramenti in piccole aree della città, causando difficoltà ai residenti. Per ovviare a questo problema, e al contempo garantire spazio ai giovani, si è ipotizzato di diffondere maggiormente la movida cittadina. In presenza di un’offerta più varia, infatti, a dover ospitare la quasi totalità dei ritrovi serali non sarebbero solo alcune zone del centro.


Da quest’anno è in vigore a Trento il “Regolamento per la convivenza tra le funzioni residenziali e le attività economiche”. Esso si propone di contemperare le esigenze degli abitanti, dalla tutela del riposo all’offerta di spazi di socialità notturna. Tra le misure previste dal Regolamento spiccano l’istituzione di una patente a punti per i locali e di un organo di monitoraggio.


Ogni locale perderà punti in caso di inosservanza delle regole di convivenza, mentre in assenza di contravvenzioni ne guadagnerà. Qualora dovesse perdere tutti i punti, l’attività dovrà chiudere per 15 giorni.


L’organo di monitoraggio serve invece per verificare gli effetti e i risultati ottenuti dall’applicazione del Regolamento. L’organo è composto, tra gli altri, dai rappresentanti delle categorie economiche, dei residenti del centro storico e degli studenti universitari.


Il problema della convivenza tra chi la notte desidera riposare e chi invece preferisce un po’ di svago non è nuovo per Trento. Oramai dieci anni fa i residenti di Piazza Santa Maria Maggiore protestavano contro l’allora sindaco Andreatta per i medesimi problemi segnalati dai membri del Comitato antidegrado.


Chi si lamenta oggi vive soprattutto a Santa Maria Maddalena, dove si trovano i locali Scaletta e Kafé Matrix. Vi sono però proteste anche in piazza d’Arogno alle Albere e in via Calepina. Le lamentele riguardano prevalentemente gli schiamazzi sino a notte inoltrata, l’immondizia abbandonata e, nel caso di Santa Maria Maddalena, anche il comportamento di una minoranza di avventori (e non) che fa la pipì in strada, tra le macchine e talvolta sui cancelli delle abitazioni circostanti.

Trento, Santa Maria Maddalena (by Syrio Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 Internationa)

Per arginare il problema il sindaco Ianeselli aveva recentemente emesso un’ordinanza (valida sino a fine maggio) che poneva alcuni obblighi ai bar della zona, pur consentendo loro di decidere in autonomia gli orari di chiusura. In sostanza, per i gestori dei locali vigeva il divieto di vendere alcol da asporto dopo le 24 e l’obbligo di dotarsi di personale di controllo dopo le ore 21 (con un minimo di due addetti nelle giornate di mercoledì, venerdì e sabato).


L’ordinanza non è stata accolta favorevolmente né dagli esercenti, né dai membri del Comitato antidegrado, che hanno continuato a chiedere che ai locali in questione fosse imposta la chiusura tra le 23 e le 6.


I problemi che affrontano alcune zone di Trento nelle ore serali del mercoledì, del venerdì e del sabato (più i prefestivi) sono analoghi a quelli che vivono altre città universitarie italiane, tra cui ad esempio Bologna, Firenze e Parma.


Sebbene l’ateneo trentino non possa vantare la storia di altri centri universitari italiani, negli anni ha reso la città un polo d’attrazione per i giovani sia delle regioni limitrofe (Veneto, Lombardia) sia del resto d’Italia. Ciò è avvenuto grazie all’ottima offerta didattica, alle buone strutture e ai servizi che garantisce agli studenti.


D’altronde, l’Università degli Studi di Trento è ogni anno ai vertici delle classifiche nazionali degli atenei di medie dimensioni, e secondo la prestigiosa QS World University Rankings è tra le prime 500 università al mondo.


L’ateneo trentino ha al momento oltre 16.000 iscritti, una buona percentuale dei quali è fuori sede. Tra gli immatricolati dell’anno accademico 2020/2021, solo il 36% aveva frequentato le scuole superiori in Trentino. Sono molti gli iscritti dalle province di Belluno, Vicenza, Brescia, Bolzano, Verona e Treviso. Ma una buona parte viene anche da più lontano: Torino, Bari e Palermo.

Sul totale degli iscritti nel corso del 2019 (16.500 studenti), oltre 10.000 erano fuori sede.


Per farsi un’idea delle ricadute economiche dell’ateneo sul territorio basta guardare alle stime fatte da Fimaa immobiliare a luglio 2020. Per ogni mese di chiusura dell’Università a causa dei lockdown, Trento ha perso all’incirca 10 milioni di euro, tra canoni di locazione non pagati (poiché molti studenti lasciarono la città) e conseguente riduzione dell’indotto.


A questo si aggiungono le ricadute sul mercato del lavoro provinciale, grazie sia alla formazione garantita dai corsi universitari sia alle collaborazioni dell’ateneo con le aziende locali (per servizi di stage e job placement). In più, oltre ai contributi dell’Università alla ricerca scientifica, spiccano alcune realtà d’avanguardia a livello nazionale, come il Dipartimento di Biologia Integrata (CIBIO) e il Centre of Computational and Systems Biology (COSBI), quest’ultimo finanziato assieme alla Microsoft Research.


Insomma, l’Università è una ricchezza e una grande opportunità per Trento. Anche per questo, oltre alla qualità della didattica, delle strutture e dei servizi offerti, è necessario garantire momenti di socialità notturna alle migliaia di studenti che risiedono in città. Essi sono infatti un’esigenza per la maggior parte dei giovani (non solo universitari), perché è anche così che si esprime la loro vita comunitaria, e si sviluppano le loro relazioni sociali. Un’offerta notturna più variegata e capillare assicurerebbe inoltre all’ateneo trentino una maggiore competitività a livello nazionale.


Alcune proposte, rilanciate sia dagli esercenti, sia dai rappresentanti degli studenti e dal sindaco, prevedono di diffondere maggiormente la cosiddetta “movida”, e di sfruttare le aree della città ritenute meno sensibili. Tra queste, si è parlato di Piazza Dante, di Piedicastello e del Centro Fiere.


In ogni caso, come sostiene lo stesso Ianeselli, sarà necessario uno sforzo da parte di tutte le categorie coinvolte, poiché la città di Trento, anche a livello urbanistico, ha ignorato per troppi anni le esigenze notturne dei propri abitanti. I problemi degli ultimi mesi sono in parte dovuti anche a questa negligenza.

Trento, Piazza Dante (by Francesco Serra Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International)


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