Non uno spettacolo ordinario, con un copione e attori intenti a scambiarsi le battute, ma un brillante esperimento di Musica Teatro Danza. È andato in scena il 12 dicembre, per la prima volta, lo spettacolo prodotto da Tempora ODV che celebra il cinquantennale del secondo Statuto di Autonomia.
Una performance studiata non solo per informare - con un intervento di apertura di Mauro Marcantoni, narratore dell’Autonomia tra i più capaci - ma per emozionare. Un linguaggio meticcio, fatto di strumenti, voce, registrazioni e brevi segmenti recitati, figure dai movimenti tanto leggeri quanto significativi, a tratti nascoste dal fumo.
Ispirato al famoso brano dei Pooh, Brenner 66 è il nome dell’opera. Un titolo in lingua tedesca, per dare piena voce ad una autonomia sofferta, combattuta, ma soprattutto costruita assieme: Trentino e Alto Adige.
Il versante artistico è curato dal CDM di Rovereto. Per la regia di Carmen Giordano, una rosa di performer tutta al femminile: in scena le danzatrici Stefania Chiechio, Cristina Pozzer, Benedetta Antoniolli, Asia Tuzza (Azione Danza) e Elena Balsamà, Victoria Lozano, Maddalena Monte, Carlotta Sfredda al violoncello e voce (CDM). Con l’ausilio sul palco di Adele Pardi, Janet Dappiano e le coreografie di Leme Kertusha.
Alle ore 10:00 del 12 dicembre il Teatro Zandonai di Rovereto è gremito di studenti. Una matinée di debutto dedicata alle scuole, e ai giovani in generale. È a loro che si cerca di arrivare, per trasmettere memoria di un percorso del quale, seppur inconsciamente, si trovano a far parte. Alla fine dello spettacolo abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere con i ragazzi.
Aurora ci racconta: «Prima abitavo in un’altra regione, in Lazio. Non dico che fosse meglio o peggio, solo diverso. L’Autonomia si sente, anche se non so bene come spiegarlo. Mi ha impressionato la bravura delle ragazze che suonavano il violoncello mentre cantavano, davvero brave».
«Conoscevo l’autonomia come la possibilità di fare ciò che si vuole, di saper bastare a se stessi. Dopo lo spettacolo capisco che significa però pure darsi dei limiti» dice Mario.
E di responsabilità parla anche Vittorio, mentre Thomas ci spiega: «Non credo sia solo una questione di volere o no l’Autonomia, probabilmente tutte le regioni la vorrebbero. Va vista come una necessità alle volte: semplicemente, certe leggi, una certa organizzazione o modo di fare, può funzionare bene nel resto d’Italia ma non in Trentino Alto Adige».
«Sicuramente le leggi e la disponibilità di fondi sono importanti» dice Anna «ma secondo me il merito più grande che va dato all’Autonomia, come abbiamo imparato questa mattina, è di aver reso possibile la convivenza tra due gruppi di lingua - e in parte cultura - diversa».
Gioele, il primo a rompere il ghiaccio arrivato il momento delle domande dalla platea, dopo lo spettacolo riporta:
«Mi pare di aver capito che l’Autonomia è una responsabilità, un’opportunità e in sintesi una visione».
Era stato proprio questo il fulcro della sua domanda a Marcantoni: è forse l’Autonomia uno status acquisito, sufficiente e durevole? La risposta la troviamo nel nome del progetto di cui Brenner 66 è figlio: Peace, Autonomia in movimento. Un percorso quindi che va via via definendosi, che può essere sempre migliorato.
Ci lasciamo con Pietro, che studia a Rovereto ma vive in Veneto, e il suo desiderio di «Estendere l’Autonomia a tutte le regioni d’Italia, così si potrebbero finalmente riparare le buche di tutte le strade del Paese». Intervento questo che ci ricorda come, nata dalla necessità, l’Autonomia sia anche una responsabilità nei confronti di chi ci osserva da fuori.
Lo spettacolo, che speriamo possa presto andare in replica anche al di fuori della Città della Pace, è stato realizzato grazie a un bando della Provincia Autonoma di Trento, con la partecipazione del Comune di Rovereto e la collaborazione del Club Lions Rovereto Host.
Comments